Porto Palermo (Albania)
Buongiorno cari amici terrestri! Qui è sempre il vostro LOTOS, che vi aggiorna dopo ben 48 ore di silenzio internet nientemeno che dalle acque dell’Albania, dove da curiosi temerari abbiamo alla fine deciso di avventurarci per qualche giorno, alla scoperta di un paese poco conosciuto e decisamente al di fuori dai giri turistici tradizionali. Ecco così che ieri (lunedì 24), dopo la solita mattinata spesa per le varie operazioni doganali di uscita, facciamo rotta verso Saranda, primo centro abitato a Sud della costa albanese, a circa un paio di ore di navigazione da Corfù. Contattiamo telefonicamente un agente di viaggio albanese, trovato la sera prima su internet, per farci ottenere gli shore pass (Leje Dalje) per l’ingresso. L’avvicinamento a Saranda incomincia verso mezzogiorno, dopo due ore di navigazione a motore con soli 2 nodi divento da SE, in un’atmosfera surreale: nessuna barca e nessuna nave all’orizzonte; sullo sfondo, in lontananza, gli edifici di Saranda che si avvicinano sempre di più, facendo scoprire a poco a poco l’aspetto di una città che sembra essere in perenne ricostruzione: vecchi edifici diroccati e fatiscenti si alternano ad altre strutture in fase di ristrutturazione e ad altre ancora in fase di nuova costruzione. A un certo punto, il silenzio quasi spettrale che accompagna la trepidante attesa dello sbarco è rotto da una moto d’acqua che a velocità sostenuta ci viene incontro: niente paura, non si tratta di pirati, è semplicemente una giovane e simpatica coppia (ragazzo e ragazza) che, incuriosita dalla nostra presenza, è venuta a salutarci e a chiederci da dove arriviamo. Il motivo di tanta curiosità e presto detto: in Albania il turismo nautico è praticamente inesistente e le barche a vela sono molto difficili da incontrare; basti pensare che in tutto il paese c’è un solo marina nei pressi di Valona, di cui parleremo più avanti. Proseguiamo l’atterraggio diretti verso la Capitaneria di Porto ed ecco che, sulla banchina, troviamo l’agente di viaggio già pronto ad accoglierci. Il nostro uomo si chiama Agim: sulla quarantina, parla un pò di inglese un pò di italiano e si mostra da subito molto premuroso e disponibile. Per 50 Euro otteniamo i documenti e il disbrigo delle pratiche doganali in meno di tre quarti d’ora. Dopo un pranzo luculliano a base di zuppa di pesce, triglie, sarde e frutti di mare (tot. 15 Euro cadauno) nel vicino ristorante segnalatoci da Agim, ripartiamo verso N alla volta di Porto Palermo, una baia molto suggestiva e, purtroppo, ad accesso limitato in quanto buona parte dell’area è militarizzata. Attracchiamo ad una banchina semiabbandonata, nei pressi di un vecchio villaggio militare completamente disabitato e sovrastato dalla fortezza di Alì Pashà, una suggestiva rocca turca a picco sul mare. Attraccate sul molo solo altre cinque barche: una svizzera, le altre quattro italiane. La costa di montagna è costellata da agavi, piantate durante la dittatura per rendere difficile l’atterraggio di eventuali truppe di paracadutisti. La serata si conclude nell’unico locale della zona, con una cena stavolta piuttosto insoddisfacente: calamari gommosi e carne a suola di scarpa impossibile da masticare.