Cari amici,
state ripercorrendo esattamente la tratta seguita nel quarto viaggio di traversata atlantica da Cristoforo Colombo. Questo suo ultimo viaggio partì dal porto di Cadice il 9 maggio 1502. Al suo seguito anche il fratello Bartolomeo e il figlio quindicenne Fernando, che poi redasse un’importante biografia del padre. Parteciparono a questa impresa 140 uomini, e giunsero prima – come voi – a Las Palmas, nelle Canarie, il 24 maggio, caricando a bordo acqua e legna. Poi, passando per Capo Verde, arrivarono in una ventina di giorni per la prima volta nell’isola di Martinica. Contraddittoria l’origine del nome dell’isola caraibica: gli indigeni Kalinas la chiamavano Jouanacaëra(ossia isole delle iguane) o Madinina,che sembra significasse invece isola dei fiori. In seguito l’isola fu battezzata per assonanza Madiana , poi Matinino, poi Martinina e infine Martinica. Cristoforo Colombo la chiama Isola di Matinino e suo figlio nella biografia sul padre scrive “Con assai alterazione di mare e di vento giungemmo all’Isola di Matinino, dove, secondo il bisogno e costume di coloro che vanno in Spagna, volle l’Ammiraglio (ossia Cristoforo Colombo) che la gente rinfrescasse di acqua e di legna e lavasse i suoi panni”.
Non vi voglio tediare con la storia del nostro connazionale, tuttavia mi pare carino citare le sue sensazioni durante l’attraversata, forse uguali percezioni state vivendo voi… L’osservazione dei segni era fondamentale all’epoca di Cristoforo. L’avvistamento ad esempio di uccelli era sinonimo di avvicinamento alla terra. Durante il suo primo viaggio sulla sua caravella si fermò un alcatraz e ciò fu visto come segno premonitore che l’arrivo fosse imminente. Fu subito calato uno scandaglio (lo strumento utilizzato per verificare la profondità dei fondali marini), ma ciò fu inutile, dato che eran ancora lontanissimi da terra. Altri segni importanti, visti e interpretati da Colombo: le alghe, un granchio vivo su di esse, altri uccelli, alcuni mai visti, anche piccoli, e quindi pertanto a giudizio di Cristoforo, sintomo che la terra era vicina, dato che non avrebbero potuto volare molto lontano. Poi l’avvistamento di una balena – come voi su Simo.Nico – poi una tortora, poi un uccello con le zampe simili ad un gabbiano, poi ancora alghe e con dentro incastrati dei gamberi, poi dei giunchi galleggianti e dei meravigliosi pesci dorati e pesci volanti. Infine un piccolo tonno e poi dopo ancora molti altri giunchi e finalmente, con lo stesso aliseo che sta sospingendo voi, sempre a poppa, delle tavole di legno lavorate dall’uomo ed un ramo con le foglie ancora verdi. Ed ecco ….TERRA. E fu un certo Rodrigo de Triana ad avvistarla per primo. Chi del vostro equipaggio sarà il primo????
Ora vi aiutano gli strumenti, i satelliti, etcetera, ma lì in mezzo proverete le stesse emozioni dei grandi navigatori del passato e allora vi dedico una poesia di Rabindranath Tagore
Di fronte si stende l’oceano di pace
O timoniere, salpa verso l’alto mare
Tu sarai il mio eterno compagno
Prendi, prendimi nelle tue braccia
La stella polare brillerà
Illuminando il sentiero verso l’eternità
Possano i legami terreni sciogliersi
Il possente universo prendermi fra le sue braccia
E io venga a conoscere senza timore
Il grande ignoto